Freelance, l’Italia sul Podio per il Tasso di Self-Employed

Freelance, l’Italia sul Podio per il Tasso di Self-Employed

23 Mar 2018 | Notizie

FreelanceNon si sa se è stata la crisi economica globale o il desiderio di sentirsi  sempre più indipendenti dal puto di vista professionale che ha fatto aumentare negli ultimi anni il numero di freelance in Italia e nel resto del mondo.

Sta di fatto che i dati Instat e Eurostat parlano chiaro: solo in Europa il blocco di lavoratori autonomi ha raggiunto il 15,8% del totale degli occupati e sale a una quota del 23,8% in Italia.

Che si parli di designer o consulenti informatici, i tratti in comune dei freelance sono sempre gli stessi:

  • discontinuità tra un progetto e l’altro
  • ampio ventaglio di committenti
  • tendenza a lavorare in autonomia e da remoto, da soli e a casa, a seconda di come si vive la condizione.

L’Eurostat li definisce più genericamente: self employed persons without employees, cioè persone che svolgono un lavoro autonomo e senza avere avviato un’attività di impresa.

Per capire come si sta rivoluzionando il mondo del lavoro, è buona cosa avere una panoramica generale del tasso di freelance nel mondo, rispetto al totale degli occupati.

Freelance negli USA: aumentati tre vole più velocemente rispetto alla media

Negli Stati Uniti già ora un terzo dei lavoratori collabora da esterno con le imprese, a tempo pieno o parziale. Nel giro di pochi anni si potrà arrivare alla metà della forza lavoro totale.
Infatti un’indagine della Freelancers Union, il sindacato dei freelance statunitense, è arrivata a pronosticare un sorpasso a tutti gli effetti: la maggioranza dei lavoratori statunitensi «sarà freelance entro il 2027», se si manterranno i ritmi di espansione registrati fino ad oggi.
I freelance americani sono aumentati in maniera tre volte più veloce rispetto alla media, con un balzo dell’8,1% (da 53 milioni nel 2014 a 57,3 milioni nel 2017 ), che stacca nettamente il +2,6% degli occupati tradizionali (da 156 milioni a 160 milioni). E a buttarsi con più convinzione nel lavoro indipendente sono i lavoratori under 35. Secondo Freelancers Union, il 47% del blocco generazionale dichiara di lavorare in regime di autonomia, la quota più elevata in assoluto.

Freelance in Europa. Secondo posto per l’Italia, vince la Grecia nella top ten

Se ci spostiamo ad analizzare il nostro continente, l’Europa, gli ultimi dati Eurostat rivelano come il tasso di self employed  (lavoratori autonomi) si differenzi molto da Paese a Paese.

Da un lato ci sono i paesi come Germania, Estonia, Lussemburgo, Svezia che hanno un tasso basso che si attesta al 9%. Ancor più basso è il tasso della Danimarca che sbaraglia tutti con l’8%.

All’estremo opposto c’è l’accoppiata Grecia – Italia, i cui tassi sono molto più alti. La Grecia, infatti, si colloca in prima posizione rispetto a tutta Europa con il tasso di self employed pari  al 29%, e subito dopo segue l’Italia con un tasso del 23,8%.

Un confronto che non gioca a favore della Penisola, se si considera che economie come quella danese e tedesca godono di tassi di disoccupazione schiacciati rispettivamente al  3,3% e al 5,4% contro il circa 11,1% dell’Italia (dati Eurostat ed Instat aggiornati a gennaio 2018).

In effetti, l’intera dimensione del lavoro autonomo italiano soffre di una contraddizione: in diversi casi, più che di una scelta individuale si tratta di un ripiego rispetto a lavori precedenti, se non di un rapporto di subordinazione mascherato da lavoro flessibile. Ce lo spiegava tempo fa la nostra amica Alessandra Farabegoli di Freelance Camp, parlandoci della differenza tra “freelance convinti” e “freelance obtorto collo”.
Lo ha messo in evidenza anche un report dell’Efip (European forum of independent professionals), un’associazione che riunisce i lavoratori indipendenti in Europa. In Italia, Paese con uno dei tassi  più alti per numero di freelance d’Europa, c’è il rischio di sconfinare in rapporti di para-subordinazione che violano la natura stessa del lavoro autonomo: dai tanti clienti (o da nessun cliente, perché si è disoccupati senza partita iva) si passa a un cliente unico, magari più esigente di un datore di lavoro.

Il numero di freelance in Italia continua a crescere?

Gli ultimi dati ISTAT rivelano che il mercato italiano del lavoro si sta impoverendo di freelance, ma cresce in generale il numero di occupati.  Ad agosto 2017, infatti, la stima degli occupati è cresciuta su base annua del +1,6% e mensilmente dello 0,2% che va a confermare il buon trend registratosi di recente.  A diminuire però sono i lavoratori indipendenti. Fra gli autonomi, infatti, ad agosto 2017 c’è un calo dello 0,4% pari a 23 mila unità in meno e -0,8% e -42 mila unità nell’anno.

Nonostante i dati rivelino un leggero calo dei lavoratori autonomi, l’Italia rimane sempre tra i primi Paesi  in Europa per il tasso di self-employed. L’Eurostat rivela infatti, che i freelance restano comunque una parte importante della macchina del lavoro, con la seconda percentuale più alta dell’Unione Europea pari al 23,8%.

Ci sarà ancora il  bisogno di impiegati fissi? I confini tra interno ed esterno delle aziende si stanno sgretolando

La nostra analisi ci dice che i confini tra interno ed esterno delle aziende si stanno sgretolando, principalmente anche per la continua evoluzione della tecnologia. Il fenomeno è stato ripreso da un recente studio di The Boston Consulting Group sulle 12 forze che stanno cambiando radicalmente il modo in cui le organizzazioni lavorano. L’analisi va calata soprattutto nel contesto americano, ma può dare indicazioni anche per il resto del mondo e in particolare per l’Italia.

Una di queste forze è l’“accesso alle informazioni e alle idee”

Infatti  grazie a costi di hardware e software che continuano a scendere, anche nel cloud computing, qualsiasi persona può essere connessa, lavorare da remoto e scambiare dati in tempo reale.
Come nota Bcg, in molte grosse società di IT quasi metà dello staff a tempo pieno è composta da personale esterno. Si aggiunge poi il fatto che oggi le soluzioni più innovative sono sviluppate da persone che si trovano in giro per il mondo e che si uniscono in comunità online ed ecosistemi digitali.
Tutto questo stravolge i modelli tradizionali non solo di impiego, ma anche del finanziamento delle nuove imprese, di sviluppo di nuovi prodotti e di gestione del ciclo di vita dei prodotti.

Per i più propensi ai cambiamenti questo nuovo modo di lavorare risulta stimolante e lascia loro più autonomia e libertà nella gestione, ma per i lavoratori che  vogliono riporre la loro stabilità nel lavoro, può generare insicurezza e ansia nella continua ricerca di nuovi potenziali clienti.

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