Un’idea innovativa può diventare realtà trasformandosi presto in un’azienda di successo, quotata milioni di euro sul mercato. Andrea Ferrero, CEO e co-founder di Young Platform, 21 anni appena, racconta ad AddLance come è stato possibile, nel giro di pochi mesi, ritrovarsi la start-up italiana a più alta crescita. Un successo quasi inaspettato, ma che non è frutto di un colpo di fortuna. “Noi di Young Platform lo chiamiamo effetto valanga”, dice Andrea. E per un attimo accantona le cryptovalute, core business della sua azienda e ci racconta la sua storia. Ecco una delle più vincenti idee di business del momento.
Young Platform è nata nel marzo 2018 ed è una start-up FinTech, assolutamente innovativa. Il suo scopo è rivoluzionare il mondo delle cryptovalute per renderle accessibili a tutti. Per facilitare lo scopo, dopo 3 aumenti di capitale in forma privata, Young Platform (con un organico di 14 persone, età media 26 anni) ha lanciato la sua prima campagna di crowdfunding, andata in over funding in appena 36 ore.
Voi lavorate (direi proprio con enorme successo) nel campo delle cryptovalute. Come è arrivata questa intuizione? E come si possono captare i rumors di un mercato nascente e cavalcare l’onda? Immagino non esista una ricetta segreta per trasformare in successo delle idee di business…
Questa intuizione è nata da una necessità che avevamo in quanto utilizzatori di questa tecnologia. E così da attori abbiamo voluto diventare protagonisti, in Italia. Oggi stiamo lanciando il nostro secondo prodotto e se tutto va secondo le previsioni, potremmo diventare presto i primi player sul mercato italiano.
Come si possono captare i rumors per cavalcare l’onda di un mercato nascente? E’ una domanda davvero interessante! Tutti i nuovi mercati hanno delle potenzialità e hanno delle problematiche riconducibili alla mancanza di “storico” nella nicchia di riferimento. Quel che abbiamo fatto noi (no, nessuna ricetta segreta) è stato confrontarci, per trovare similitudini, con le grandi rivoluzioni tecnologiche e sociali che hanno interessato gli anni passati. Trovati i tratti comuni, è facile intuire se per la nuova “rivoluzione” si possa prevedere un trend positivo, perché la crescita si associa sempre ad un cambio di paradigma, insito nel concetto stesso di rivoluzione (tecnologica, nel nostro caso, ndr).
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Attualmente la rivoluzione cryptovalute sta avendo un buon successo. Quando abbiamo approcciato noi questo mercato, nel 2016-17, si trattava di un comparto molto di nicchia, spesso avvolto dal pregiudizio sociale che si trattasse solo di riciclaggio o di vere e proprie truffe. Ora le aziende stanno sviluppando interesse attorno a questa tecnologia e sono attente ai suoi sviluppi. Questo determina il successo di start-up come la nostra.
Da marzo 2018, data di costituzione della società, a oggi, la start-up è passata dai quattro fondatori a 14 componenti a tempo pieno, con età media di 26 anni e una valutazione di 8,5 milioni di euro. Come commenta questi dati?
Che si è trattata davvero di una crescita esponenziale, una delle crescite più vertiginose nel mondo delle start-up italiane (tra tutte le idee di business già sviluppate, ndr). Sembra incredibile trasformare in così breve tempo un’idea in una azienda da milioni di euro sul mercato. Non è solo fortuna, ovviamente. C’è dietro un intenso lavoro di diversi attori professionali che ci hanno guidato. Quando le sinergie si uniscono, viene fuori qualcosa di fantastico: noi ne siamo dimostrazione tangibile. Io lo chiamo effetto valanga: il grande sforzo è solo all’inizio. Poi le cose succedono in sequenza quasi in modo inaspettato: minimo sforzo, grandi risultati. Speriamo di non incontrare sul percorso qualche pianura che freni la corsa (ride, ndr).
Quanto ritiene importante nell’atto di nascita di una start-up, l’assistenza di alcune figure chiave fondamentali? (Mi viene in mente, ad esempio, il business angel o l’incubatore di impresa)
Sono fondamentali. La filiera dell’innovazione deve essere composta da tanti e diversi attori competenti (gli incubatori e gli acceleratori d’impresa, ndr) perché così si attiva un’azione sinergica di crescita che va a modificare il livello qualitativo del risultato finale. Ovvero dalle idee di business alla start up vera e propria. Noi, ad esempio, dobbiamo moltissimo all’incubatore delle imprese innovative del Politecnico di Torino.
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Avete lanciato da Londra una campagna di crowdfunding. Come giudica questo strumento in relazione all’apertura o al mantenimento di una strat-up? E come valuta il terreno italiano, abbastanza fertile da recepire?
Dopo 3 aumenti di capitale portati avanti in forma privata, abbiamo deciso di lanciare questa campagna di crowdfunding per farci conoscere e per fidelizzare ulteriormente la nostra community. Attraverso questo strumento (noi siamo partiti da un investimento minimo molto basso, solo 10 euro) si crea un forte legame con le persone, che diventano soci a tutti gli effetti e dunque sono interessate alla crescita dell’azienda. La campagna che abbiamo lanciato prevedeva una raccolta fondi di 500mila euro, da coprire in qualche mese. Abbiamo coperto l’intero importo in 36 ore appena, grazie a 460 investitori che hanno creduto nel nostro progetto.
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Se il terreno italiano sia o meno fertile per recepire il crowdfunding? In Italia l’educazione finanziaria è molto, molto bassa. Bisogna fare molta formazione a riguardo. Anglosassoni e tedeschi sono indubbiamente più avanti di noi in questo, sono realtà con una più alta cultura finanziaria nel tessuto sociale. Tuttavia, stiamo arrivando anche noi italiani: il Paese inizia ora ad interessarsi al crowdfunding di start-up innovative, anche se con un ritardo di 5-10 anni.
Fare informazione è fondamentale, poiché si tratta comunque di investimenti ad alto rischio che occorre operare con la giusta consapevolezza. Investire in una start-up è rischioso perché per sua natura è un’azienda ad alto rischio di fallimento. Ma può dare anche ritorni incredibilmente soddisfacenti.
Progetti per il futuro?
Consolidamento del mercato italiano, internazionalizzazione e dialogo con le banche. L’informazione che vorremmo far passare è che la nostra tecnologia non è nemica dell’Istituto di credito tradizionale, ma un possibile partner. Possiamo aiutarli a coprire meglio il mercato e ad implementare una serie di innovazioni tecnologiche sfruttando l’attuale e non ostacolandolo. Qualunque azienda dovrebbe essere sempre a contatto con l’innovazione e non chiudersi a riccio. Il rischio è sempre quello di rimanere incredibilmente indietro.
Intervista a cura di Valentina Tortelli
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