Ottimizzare i Contenuti: 4 Tecniche SEO (Black Hat) completamente inefficaci

Ottimizzare i Contenuti: 4 Tecniche SEO (Black Hat) completamente inefficaci

tecniche SEOParliamo ancora di tecniche SEO per l’ottimizzazione dei contenuti, e quindi implicitamente anche di tecniche black hat, con l’obiettivo di creare la consapevolezza che spesso queste tecniche vengono applicate in maniera non volontaria. Semplicemente perché si fa un uso poco consapevole del SEO classico.

Ciò espone il proprio sito alla possibilità di essere pesantemente penalizzato per mano dei motori di ricerca stessi. Google come le altre società che fondano il loro business sui motori web, sono alla costante ricerca di soluzioni per combattere l’applicazione di tecniche poco ortodosse. Mettere in atto tecniche per raggirare i bot, anche se in maniera involontaria, può portare a pesanti penalizzazioni a livello di posizione nelle SERP se non addirittura alla completa cancellazione del sito dai motori di ricerca.

In questo articolo, per scoraggiare ulteriormente l’uso di questa pratica, questa volta intesa come volutamente applicata, riportiamo alcune delle tecniche SEO che, a seguito di evoluzione degli algoritmi di Google&Co, sono oggi giorno completamente inefficaci e facilmente riconoscibili.

1)     Commenti massivi su blog e forum

Fino a poco tempo fa una tecnica molto utilizzata e famosa di Black Hat SEO consisteva nel commentare in maniera massiva su tutti i blog di settore, inserendo nel commento il link alla pagina (o alle pagine) delle quali si voleva favorire il posizionamento. Spesso venivano impiegati strumenti automatici di creazione dei contenuti.

Leggi anche Black Hat SEO, non seguire queste 7 regole

La tecnica è oggi diventata inutile sia perché gli stessi amministratori di blog e forum hanno attivato il tag “nofollow” sui link inseriti dagli utenti (nofollow istruisce il bot a non indicizzare il sito di destinazione quando incontra un link in pagina), sia perché molti degli algoritmi di posizionamento ormai hanno abbassato l’interesse su questo tipo di riferimenti. Sicuramente, però, lasciare i riferimenti al proprio sito su blog e forum di settore, in maniera non massiva, può ancora avere i suoi vantaggi.

2)     Desert scraping

E’ una tecnica che consiste nell’acquistare, su piattaforme dedicate a tale scopo, domini scaduti e mai rinnovati che trattavano argomenti pertinenti con il sito da posizionare. Su questi siti viene poi inserito un redirect 301 verso le pagine da spingere così da acquisire tutti i backlink del sito originale.

Questa tecnica è da evitare per i seguenti motivi:

  • i motori di ricerca si sono ormai specializzati nell’individuare i redirect “sospetti”
  • si rischia di acquistare domini scaduti nei quali erano ospitati siti penalizzati dai motori di ricerca
  • si rischia di acquistare domini scaduti che avevano un profilo di backlink di scarsissima qualità

Se non si esagera con gli acquisti (in termini di quantità), al punto si attirare l’attenzione dei team specializzati nello scovare i siti che applicato il Black Hat SEO, ci sono strumenti appositi, come Majestic SEO, che consentono di verificare lo stato di un dominio non rinnovato e la qualità dei suoi backlink.

3)     Link injection

Tecnica molto spinta che consiste nello hackerare siti autorevoli andando ad iniettare backlink al sito del quale si vuole spingere il posizionamento. E’ una tecnica che richiede, grazie all’impiego di tool automatici, poco effort in termini di tempo e denaro.

Perché evitare questa tecnica? Prima di tutto perché hackerare i siti degli altri oltre ad essere terribilmente poco etico, è illegale. Inoltre imparare ad hackerare un sito costa impegno, studio e fatica; se ci si vuole rivolgere ad un “professionista”, un hacker costa parecchio. Per non parlare del fatto che i siti più autorevoli (e maggiormente presi di mira) si dotano di strumenti appositi per riconoscere attività di questo tipo. In questo caso oltre alle penalizzazioni dei motori di ricerca si devono mettere in contro anche eventuali azioni legali intraprese dai siti danneggiati.

4)     Cloaking

Consiste nel creare una pagina dedicata ai bot del motore di ricerca che ha contenuto completamente differente rispetto alla pagina che verrà poi mostrata all’utente umano. Il server riconosce il bot, distinguendolo da un navigatore umano, e restituisce una pagina apposita. Un esempio pratico: servire al bot una pagina a tema “contenuti Disney” e all’utente una pagina a “contenuti pornografici”. Le tecniche per identificare il bot si basano in genere su user-agent o indirizzo IP. Questa tecnica va evitata perché molto monitorata dai team sicurezza che lavorano ai vari motori di ricerca. Google, in particolare, è in prima linea nella lotta contro i siti che applicano tale tecnica.

La bacchetta magica non c’è: le tecniche SEO sui contenuti vanno aggiornate costantemente

La SEO (Search Engine Optimization) è un insieme di regole che governa il modo in cui il nostro sito internet si posiziona tra i risultati dei motori di ricerca.

I vari motori di ricerca (come ad esempio Google, Yahoo, Altavista, …) scansionano e analizzano le migliaia e migliaia di pagine web servendosi di bot, ovvero di algoritmi automatici e ben definiti, che le indicizzano e ne determinano il posizionamento nella propria SERP (Search Engine Result Page).

Le linee guida per ottenere un buon posizionamento sono davvero tante e, considerando anche la spietata concorrenza, nonché il tempo che serve ai bot per analizzare le migliaia e migliaia di pagine Internet, fa si che ottenere un certo posizionamento non sia cosa facile, non sia immediato (può richiedere mesi, se non addirittura anni) e richieda di rivedere contenuti, keywords e meta-informazioni delle proprie pagine più e più volte nel tempo.

Guest post a cura di Alessio Amato

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