La Biennale di Venezia compie 58 anni: vecchia? Non si direbbe, vista la quantità di stimoli e le migliaia di visitatori. Nata come Esposizione Internazionale d’Arte, dal 1930 include il primo Festival cinematografico mai organizzato nel mondo, la sezione di Musica e quella di Teatro. Dal 1980 è anche Architettura, ma sta diventando molto altro. Scopri quali sono le opportunità per i nuovi artisti offerte nella biennale di Architettura di Venezia 2019, che decide il trend per tutti i creativi.
I nuovi artisti e la mostra online ideata per la Biennale di Venezia 2019
Le nuove idee proposte dalla biennale di Architettura di Venezia, dagli anni Ottanta ad oggi, non sono poche: l’invenzione che ha cambiato il rapporto tra lo spazio vero e quello virtuale, è stata sicuramente quella della mostra online. Tutto inizia alle soglie del Duemila, dopo le critiche che da varie parti arrivano agli organizzatori della mostra, giudicata sorpassata perché allestita nei padiglioni tradizionali. La globalizzazione e l’affermazione del web costringono infatti a dilatarla, per renderla fruibile nel mondo senza spostarsi. L’idea vincente diventa così usare spazi fisici per esporre le opere temporaneamente e pubblicarne le immagini in internet. L’esperimento del 1999, con la mostra intitolata “dAPERTuttO”, ottiene grande successo: per tutte le installazioni vengono usati il Padiglione Centrale, gli esterni, le Tese e l’Isolotto. E poi le foto vengono postate nel web.
Nell’edizione del 2015 a Ca’ Giustinian (Portego), sede della Biennale, la mostra delle collezioni dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee è resa visitabile sulla piattaforma del Google Cultural Institute. Lo spazio archit
ettonico diventa così spazio video-fotografico, a sua volta lanciato in quello virtuale: passaggi che rispecchiano l’evoluzione della tecnologia ma anche della nostra mentalità globalizzata. La Biennale di Architettura ha indicato questo trend a Interior designer, grafici, videomaker e nuovi artisti freelance internazionali, spingendoli ad usare i social, i website, le app e la realtà aumentata. Questa nuova mentalità li introduce nel circuito del pubblico mondiale, superando le barriere del tempo e i confini geografici.
L’ideatore della mostra permanente online alla biennale di Architettura di Venezia è Harald Szeemann: un visionario che aspirava a costruire, attraverso la conoscenza delle opere e della storia delle persone, una community artistica, ma non solo. In essa è d’obbligo uno scambio generoso di materiale e idee tra singoli componenti, combinando tecnologia e notizie d’archivio, sfruttando la riproduzione delle immagini di mostre passate e presenti. Questo meccanismo di condivisione elimina passaggi oramai superati come:
- Il catalogo cartaceo impreciso. Già, perché in occasione delle mostre tradizionali il catalogo viene stampato prima che le opere siano installate. Capita quindi che una buona parte delle immagini contenute si riferiscano ad opere che non sono poi in mostra effettivamente
- La scelta del percorso di visita. Nella mostra fisica bisogna studiare il percorso per il pubblico, nell’ambiente in cui è allestita. In quella virtuale il percorso è scelto liberamente dall’utente, durante la navigazione in piattaforma
- Problemi di permanenza delle opere d’Arte contemporanea negli spazi scelti. Per molte infatti, lo spazio architettonico in cui sono immerse è complementare. Nella mostra online si possono installare le opere dove vuoi, realizzare foto e video e smantellare il tutto subito, senza problemi
- Visitare la mostra una sola volta. Per Szeemann, rivisitare la mostra più volte è un arricchimento per la memoria e quindi per la conoscenza. Operazione che si può fare per sempre online.
La Biennale in questo modo ha moltiplicato all’infinito i progetti espositivi e Harald Szeemann ha detto addio alla vecchia mostra divisa per sezioni, lanciando il trend delle mostre virtuali.
Le idee e gli spunti più trendy colti nella biennale 2019 utili ai freelance che lavorano in settori creativi
La biennale di Venezia del 2019 si è aperta l’11 maggio scorso ed è intitolata “May You Live In Interesting Times“, (Che tu possa vivere tempi interessanti). L’ideatore, l’inglese Ralph Rugoff, direttore della Hayward Gallery di Londra, non nasconde di essersi riferito alle incertezze e al senso di precarietà che il suo Paese e tutto il mondo attraversano in questo periodo. La sfida è quella di confrontare idee apparentemente contraddittorie e incompatibili, e di gestire le varie interpretazioni del mondo che ci circonda. La sezione di Architettura è curata dall’architetto, docente e ricercatore Hashim Sarkis, che dirige la famosa School of Architecture and Planning al Massachusetts Institute of Technology. Anche qui, l’attenzione è sulla spazio fisico condiviso con l’arte e la natura, sui problemi ambientali e sullo spazio virtuale dei social, sempre con un occhio alla tecnologia avanzata.
Le installazioni dei nuovi artisti invitati alla biennale di quest’anno danno indicazioni utili ai freelance che lavorano nella grafica, nel design e nella tecnologia multimediale, sempre in cerca di idee da offrire ai clienti. Per esempio il giordano Lawrence Abu Hamdan parte dalla musica auto-prodotta, per studiare i suoni della voce umana usando video, installazioni audiovisive e saggi sonori dal vivo. La nigeriana Njideka Akunyili Crosby dipinge interni di case del suo Paese, abitate dai familiari, che sembrano rendering di Interior design.
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Darren Bader, americano, propone un’opera di realtà aumentata fruibile grazie a un’app digitale, dedicata ad una vista virtuale della città di Venezia. L’opera vuole offrire un’esperienza sensoriale che scavalchi le folle di visitatori invadenti. L’italiana Lara Favaretto ha inventato la Momentary Monuments, serie composta da prismi scultorei monumentali, abbandonati negli spazi della città. Lara si collega poi al mondo dei reality e del Grande Fratello con le sue performance: tiene “incontri a porte chiuse” all’interno di un bunker in cui non sono previsti spettatori, ma solo partecipanti scelti da lei. I dialoghi vengono trasmessi in streaming, registrati e resi disponibili sul sito della Biennale.
Il cinese Liu Wei, dopo essersi occupato di architettura urbana, paesaggi cittadini ed oggetti di uso quotidiano, lavora con gli oggetti riciclati: giocattoli per cani, libri, elettrodomestici, porcellane cinesi e materiali edili di recupero, disposti geometricamente.
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Infine dall’Australia arriva un’insospettabile respiro vintage, che intende rianimare l’interesse per la natura: nel 2005 Christine e Margaret Wertheim, passando una serata in casa notano i lavori all’uncinetto “Crochet” sparsi sul tavolino del salotto. Immediatamente concepiscono l’idea di fabbricare una barriera corallina all’uncinetto. Usando i social, Margaret invita online altri utenti sparsi nel mondo ad unirsi al progetto: il potere del web è tale che arrivano per posta centinaia di lavori. Nasce così la performance Crochet Coral Reef, che rappresenta la tradizione, l’immaginazione e la collaborazione di squadra, con oltre diecimila partecipanti in tutto il mondo. Il risultato è una gigantesca scultura di filo lavorata all’uncinetto che si pone come riproduzione naive di un esemplare botanico. Nel cotone utilizzato vengono infilati anche materiali minuti come perline e pezzetti di pellicola che ne accrescono il valore simbolico. Una “rete” fisica e virtuale in cui il valore più importante è la condivisione.
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Il messaggio della biennale di Architettura di Venezia 2019 è chiaro: l’Arte ha scavalcato i suoi confini formali e fisici, sposando la tecnologia, la comunicazione e i temi ambientali. Se sei un freelance creativo che ama le sfide, ti consigliamo di cercare nel web i clienti giusti per te, magari proponendo mostre online. Fallo subito!
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